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“Tassa Airbnb”, scongiurata cedolare secca al 21%

Tassa Airbnb cedolare secca

Un emendamento alla legge di bilancio, in discussione in questi giorni in parlamento, contenente l’obbligo della cedolare secca al 21% per strutture ricettive, ha mandato in panico l’intero mondo extra-alberghiero. L’emendamento, proposto dal Partito democratico ed approvato dalla commissione Finanze della Camera, è stato stoppato sul nascere dal premier Matteo Renzi. Con un Twitter Renzi infatti ha chiosato: «Nessuna nuova tassa in legge di bilancio, nessuna. Nemmeno Airbnb. Finché sono premier io, le tasse si abbassano e non si alzano #avanti».

Matteo Renzi dice no a tassa Airbnb

La norma, infatti, prevedeva nuove regole fiscali per gli affitti di breve periodo, introducendo la cedolare secca al 21%. L’emendamento, nato per contrastare il nero e l’evasione fiscale, obbligava l’intermediario a versare la cedolare secca del 21% al fisco. Nel caso di Airbnb sarebbe stato il colosso degli affitti extra-alberghieri a versare l’imposta per conto di chi affitta le camere o le strutture.

La norma aveva trovato il consenso di Federalberghi. Il presidente Bernabò Bocca ha fatto sapere che «Il dibattito che in questi giorni si sta sviluppando in merito alla cosiddetta “tassa Airbnb” rischia di distrarre l’attenzione dal bubbone che affligge il mercato turistico italiano, inquinato da centinaia di migliaia di alloggi che operano in completo spregio alla legislazione fiscale e alle altre norme che disciplinano lo svolgimento delle attività ricettive, danneggiando tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza».

Federalberghi, però, ha precisato anche che «l’obiettivo non deve essere quello di introdurre nuove tasse, ma far sì che tutti gli operatori paghino le tasse nella giusta misura rispettando le regole poste a tutela dei consumatori, dei lavoratori, della sicurezza pubblica e del mercato». L’obiettivo ultimo di Federalberghi è quello che si realizzi, presso l’Agenzia delle Entrate, un registro di chi svolge attività ricettiva in forma non imprenditoriale. Tale disposizione era prevista dall’emendamento presentato dalla deputata Pd Silvia Fregolent, e poi ritirato. Nella “tassa Airbnb” vi era l’istituzione di un “Registro unico nazionale delle attività extra-alberghiere non imprenditoriali”.

Non si è fatta attendere la risposta delle strutture extra-alberghiere giunta tramite il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa. «Si vuole ostacolare la locazione turistica e ogni altra forma di ospitalità non alberghiera» ha dichiarato Testa, che si è scagliato contro la Federazione delle Associazioni Italiane Alberghi e Turismo: «Federalberghi mette ufficialmente la firma sull’emendamento, bocciato dal Governo, con cui si prevedevano obblighi burocratici cervellotici, a cominciare dall’immancabile Registro a carico di chiunque decida di dare in affitto per qualche giorno la propria casa. Il pretesto è quello di combattere l’evasione fiscale. La realtà è che si tenta, come già accade con leggi regionali assurde e spesse volte incostituzionali, di ostacolare in tutti i modi la locazione turistica ed ogni altra forma di ospitalità non alberghiera».

Tutto resta come prima quindi, almeno per ora. Il Governo da più fronti ha fatto sapere che se ne tornerà a discutere. «Nel giro di qualche mese bisognerà trovare una soluzione» ha spiegato il viceministro all’Economia Luigi Casero. Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio, invece, ha dichiarato come «Il tema della digital tax continua a essere inspiegabilmente rinviato».

Resta il fatto che Airbnb gestisce una fetta importante del pil nazionale (0,22%) portando in Italia, nel 2015, ben 3,4 miliardi di euro. Un flusso di 3,6 milioni di turisti che hanno soggiornato in uno degli 82.900 host italiani, per un guadagno medio di 2.300 euro a testa all’anno. Ad agosto 2016, secondo Federalberghi, le strutture su Airbnb hanno superato le 220 mila unità.

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